La Gastronomia

Benvenuti nella terra che ha fatto dell’enogastronomia un vero e proprio simbolo di ospitalità!

Da queste parti, gastronomia significa qualità, identità col territorio, mani capaci di lavorare i frutti della terra traendone sapori unici al mondo.
La cucina toscana in generale e quella del Chianti in particolare si basano su ingredienti semplici e genuini, piatti poveri che anticamente venivano preparati con i pochi mezzi a disposizione per sfamare la famiglia.
Col passare del tempo, attraverso l’ottima qualità degli ingredienti e un grande rispetto delle tradizioni, i piatti tipici toscani sono divenuti simbolo di buona cucina e oggi sono conosciuti e apprezzati in tutto il Mondo.

Protagonista degli antipasti è il pane, che arrostito e arricchito di pomodoro, cipolla, basilico e cetriolo, dà vita alla famosa “Panzanella“.
Altra prelibatezza toscana è la “Fettunta“, con pane abbinato a olio d’oliva fresco, aglio, pepe e sale.
A proposito di crostini, non si possono dimenticare i crostini di butteri, crostini di beccaccia e crostoni di cavolo nero.
Per quanto riguarda i primi e i secondi piatti, il grande protagonista della tavola è l’olio di oliva: insaporisce i piatti con un profumo inconfondibile di campagna toscana e porta in tavola tutta la freschezza delle colline dove si produce.
Il piatto toscano più conosciuto al mondo è la “Ribollita“, una minestra a base di pane, cavolo, fagioli, spinaci, pomodori e pane raffermo, cotenne di maiale o osso di prosciutto, il tutto amalgamato da olio d’oliva e condito con pepe e sale. Anche in questo caso si tratta di un piatto molto povero ma interessante, divenuto negli anni simbolo di questo territorio.



Tra i secondi, la regina è certamente la bistecca alla fiorentina. Introdotta dagli inglesi già nell’800, si ottiene dal Manzo Vitellone di Pura Razza Chianina proveniente dagli allevamenti della Val di Chiana nella zona che si estende tra Siena e Arezzo.
La vera fiorentina deve essere cotta alla brace e gustata al sangue.

“Pollo alla cacciatora“, “Fegatelli alla Fiorentina“, coniglio, trippa, lombata di maiale (arista) e insaccati (in particolare la finocchiona, il tipico salume toscano preparato con le diverse parti del maiale trattate con aglio, pepe, vino sale, semi di finocchio) arricchiscono il variegato panorama dei secondi.
Il trionfo sulle tavole continua con gli arrosti alla brace e la selvaggina: tordi, beccacce, faraone.

Sapori forti e decisi che si accompagnano ottimamente al sovrano indiscusso della tavola, il Chianti. D’altronde, come recita un proverbio toscano “Pane finchè dura, ma il vino a misura.” Buon appetito!



Consorzio Vino Chianti Classico Gallo Nero

Il Consorzio Chianti Classico, cui sono iscritte circa 600 aziende vinicole, nasce con l’intento di valorizzare il vino Chianti Classico e il suo marchio. Le sue origini sono antiche: nel 1924, un gruppo di produttori si riunì a Radda in Chianti e fondò il Consorzio per la difesa del vino Chianti, per tutelare il prodotto e promuovere lo sviluppo del territorio del Chianti, secondo i confini definiti nel 1716.

Quale simbolo del consorzio viene ripreso il Gallo Nero in campo oro, simbolo della Lega Militare del Chianti.
Seguono anni di battaglie legali per sostenere la unicità e la distinzione del Chianti Classico rispetto agli altri vini prodotti in Toscana.
Nel 1932 vengono individuate 7 sottozone nel Chianti che distinguono altrettante zone di produzione vinicola e si designa con “Classico” il Chianti più nobile, sottoposto a più ferree regolamentazioni.
Nel 1967 un decreto ministeriale riconosce una sola Denominazione di Origine Controllata al Chianti pur regolamentando in modo più severo il Chianti Classico.
Nel 1984 il Chianti Classico diventa Docg e 3 anni dopo il Consorzio si divide in 2: il Consorzio vino Chianti Classico che cura le attività di tutela e vigilanza e il Consorzio Gallo Nero che promuove e valorizza i vini. Nel 1996 dopo un iter legale di 70 anni il Chianti Classico diventa una Docg autonoma, con un disciplinare di produzione distinto da quello del vino Chianti.
Nel giugno 2005 i due rami del consorzio si sono riuniti e il marchio del Gallo Nero viene applicato obbligatoriamente su tutte le bottiglie di vino Chianti Classico.
Dal 2007, infine, ogni bottiglia possiede un numero identificativo che consente al consumatore di risalire via internet alla sua origine.

Leggenda del Gallo Nero
Ai tempi delle rivalità tra Firenze e Siena, le due repubbliche decisero di ridisegnare i confini dei rispettivi territori. Non riuscendo a trovare un accordo, decisero di sfidarsi: al canto del gallo da Siena e da Firenze sarebbe partito al galoppo un cavaliere diretto verso l’altra città.
Il punto del loro incontro avrebbe segnato il nuovo confine. I fiorentini seppero spuntarla tenendo il loro galletto nero a digiuno cosicché esso cantò prima dell’alba consentendo al cavaliere fiorentino di percorrere molta più strada rispetto allo sfidante senese.
I due si incontrarono al castello di Fonterutoli, dove vennero firmati i trattati e il confine tra le due repubbliche venne fissato a Castellina, a pochi km da Siena.
Il gallo nero è diventato così il simbolo del consorzio Chianti Classico e ancora oggi è stampato su tutte le bottiglie di Chianti prodotte a partire dagli anni ’20 a testimoniare l’autenticità del vino Chianti Classico.




Curiosità culinarie del Chianti e della Toscana

Nel Chianti Classico viene prodotto fin dal 1300 un ottimo olio di oliva al quale nel 2000 è stata riconosciuta dalla comunità europea la denominazione di origine protetta – Dop.
Il disciplinare impone che la raccolta delle olive sia effettuata dalla pianta con mezzi meccanici o brucatura manuale, cui deve conseguire lavaggio e molinatura delle olive.
Il processo può avvenire sia col sistema tradizionale della spremitura a freddo con macine in pietra sia con il cosiddetto “ciclo continuo”: entrambi si basano sull’utilizzo di macchinari che lavorano a temperature non superiori ai 28° C. Per la conservazione, invece, è previsto l’impiego esclusivo di materiali in acciaio inox.
L’olio così ottenuto ha un’acidità massima dello 0,5%, colore dal verde intenso al verde con sfumature dorate e un caratteristico aroma fruttato con sentori di carciofo ed erba fresca.
È tutelato dal Consorzio di tutela della Dop olio extravergine di oliva Chianti Classico, che si trova a Sant’Andrea in Percussina, in provincia di Firenze (Tel. 055 82285, fax. 055 82281).
Attualmente il Consorzio conta 250 soci operanti nella zona del Chianti Classico, vale a dire tra i comuni di Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Radda in Chianti, Barberino Val d’Elsa, Castelnuovo Berardenga, Poggibonsi, San Casciano Val di Pesa e Tavernelle Val di Pesa.


L’olio Terre di Siena Dop

L’olio extravergine di oliva “Terre di Siena” viene prodotto nella provincia di Siena, dove l’attività olivicola è importante dal punto di vista economico, culturale e paesaggistico.
Il disciplinare delimita la zona di produzione in 33 comuni della provincia, tutti caratterizzati da colline e valli che arrivano fino alle pendici del Monte Amiata.
Le caratteristiche geologiche e climatiche di questo territorio danno origine a un olio dall’odore fruttato e dal gusto connotato da note amare e piccanti.


L’olio in Toscana

La regione italiana che meglio si qualifica nella produzione olearia è la Toscana, al vertice della produzione italiana con il 50% dei vivai nazionali e una proposta di qualità medio- alta e talora altissima.
L’olio extravergine di oliva è protagonista della cucina toscana fin dall’antichità. Basta pensare ai piatti tipici toscani come la ribollita, il coniglio con le olive (dove all’olio si unisce l’altro grande protagonista della tavola toscana, il Chianti) e la conservazione sott’olio, squisitamente toscana, di formaggi pecorini e salsicce, comprese quelle di cinghiale.
L’olio toscano non è un prodotto unico: ogni zona della Toscana ha il suo olio. Tuttavia, esiste un prodotto, l’olio extravergine d’oliva toscano IGP, che identifica geograficamente l’olio prodotto in regione.
Ha un’acidità massima dello 0,6%, colore dal verde al giallo oro odore fruttato con aroma di mandorla e frutta matura. Il sapore è fruttato. Dal 1997 è tutelato dal Consorzio dell’Olio Toscano.


L’olio nell’antichità

Olivo, fico e vite rappresentano fin dall’antichità una fonte di ricchezza insostituibile per le terre bagnate dal Mediterraneo. L’olivo affonda le sue radici nelle campagne della Galilea di 6000 anni fa, come testimoniano testi religiosi e ritrovamenti archeologici.
Gli antichi sapevano ottenere l’olio di prima qualità: le olive venivano stipate in una cesta da cui l’olio scendeva goccia a goccia o messe in una cupola rocciosa da cui l’olio stillava da un foro sul fondo.
Il Nuovo Testamento, del resto, è ricco di riferimenti all’olivo: per gli Ebrei era simbolo di santità (ricordate la colomba con il rametto di olivo che torna all’arca di Noè?).
Nella Bibbia, insieme al fico e alla vite, l’olivo compare spesso come albero tipico della Palestina e fonte di ricchezza per la popolazione.
L’olio veniva e viene usato ancora oggi nel vicino Oriente in cucina e nelle preparazioni di bellezza, serviva ad alimentare le lampade dei santuari e preparare le offerte, veniva usato per le unzioni dei sovrani e in medicina. Solo i più ricchi e potenti, invece, potevano portarlo in tavola.


La diffusione dell’olivo

Dalla Siria, l’olivo approdò alle isole egee e all’Anatolia, poi in Grecia e da qui a tutte le coste mediterranee.
A Creta, veniva coltivato fin dal 2500 a.C: parte della ricchezza del re di Creta era attribuibile proprio all’esportazione dell’olio. Verso il 580 a.C. l’olivo approdò a Roma insieme alla vite.
Tutti i popoli mediterranei conoscevano l’olivo, ma le tecniche di produzione dell’olio differivano da una zona all’altra. I romani raccoglievano le olive e le schiacciavano nella “mola olearia”.
Nelle isole egee, invece, esse venivano pressate “a trave” (una macchina del 1800- 1500 a.C. è stata ritrovata a Creta): si effettuavano 3 spremiture successive, da cui si otteneva un olio di qualità sempre inferiore. Il primo era il migliore e veniva impiegato in cucina, gli altri due usati per preparare prodotti cosmetici.




Qualche curiosità

L’olivo era considerato sacro da molte popolazioni, un po’ per l’apporto calorico, un po’ perché longevo e resistente. Nell’antica Grecia era sacro alla dea Atena.
Trovava impiego in cucina, nella cosmesi, nei massaggi; gli atleti lo usavano per scaldare i muscoli e contrastare la presa degli avversari e se vincevano le Olimpiadi ricevevano una corona di foglie di olivo.
L’olivo è nominato anche nell’Iliade, nell’Eneide e nell’Odissea, dove Ulisse ricorda il talamo nuziale ricavato nel tronco di un ulivo. Anche i poemi indiani e persiani menzionano l’olio.
Gli unici a non conoscerlo erano i Cinesi, che si limitarono ad importare la pianta in epoca moderna.


L’olio dei Romani

I Romani erano grandi estimatori dell’olio, che impiegavano per molti usi. L’olivo veniva coltivato in Sabina, nel Sannio, nel Piceno, nel Veneto, lungo il Lago di Garda e in Liguria, dove si dice che la pianta arrivò già nel V secolo a.C: gli Etruschi, già nel VI a.C., avevano trasformato l’Italia centrale in un’enorme campo coltivato a grano, viti e olivi, lasciando ai romani una ricca eredità agricola.
I romani usavano l’olio per cuocere i cibi e condire le zuppe, ma non tutti potevano permetterselo: contadini e artigiani si accontentavano di semi di ravizzone e olio di colza, grasso di bue e lardo di maiale.
Gaio Plinio Secondo nella “Naturalis historia” parla a lungo delle virtù terapeutiche dell’olio e delle foglie di olivo.
Dopo i romani, sono stati i monaci benedettini e cistercensi, ordini religiosi dediti al lavoro agricolo, a portare avanti la cultura dell’olivo e l’attività dei frantoi in Italia.


Un alimento prezioso

L’olio di oliva ha un grande valore alimentare, in primo luogo perché è l’unico olio ad essere prodotto mediante pressione del frutto senza manipolazioni fisiche o chimiche. Poi, a differenza degli oli di semi, è monoinsaturo, quindi stabile alle alte temperature.
Gli oli di semi contengono acidi grassi insaturi che alle alte temperature assumono ossigeno recando danno all’organismo.
Tra le proprietà alimentari dell’olio di oliva, la più importante è la protezione delle arterie dal rischio di occlusione, grazie all’azione dell’acido oleico contenuto sul metabolismo del colesterolo: esso è in grado di ridurre la concentrazione di colesterolo LDL nel sangue e conservare la quota di HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”.
Riduce, inoltre, l’acidità gastrica e ostacola la formazione dei calcoli biliari.
Il più nobile è l’olio extravergine d’oliva, ricco di sostanze nutritive: clorofilla, carotene (che protegge l’olio da ossidazione e irrancidimento), lecitina (antiossidante naturale, stimola il metabolismo dei grassi, degli zuccheri e delle proteine), polifenoli di vitamine A e D.


Le qualità dell’olio

La legislazione italiana classifica gli oli suddividendoli nelle seguenti categorie:
  • Olio extravergine di oliva: Olio di oliva vergine la cui acidità non deve superare 1 g per 100 g di olio.
  • Olio di oliva vergine: ottenuto mediante processo meccanico o altri procedimenti fisici in condizioni termiche che non alterino l’olio e non abbiano subito alcun trattamento diverso dal lavaggio, decantazione, centrifugazione e filtrazione.
  • Olio d’oliva vergine corrente: massimo consentito di acido oleico del 3,3%;
  • Olio di oliva vergine lampante: può contenere al massimo il 3,3% di acido oleico e ha gusto imperfetto;
  • Oli di oliva raffinati: ottenuti dalla raffinazione di oli vergini, con un massimo dello 0,5% di acido oleico;
  • Olio di oliva: proviene da miscele di oli vergini con olio d’oliva raffinato.
La differenza tra i vari oli dipende per lo più dall’acidità e dalle caratteristiche organolettiche.
Dal punto nutrizionale, tutti gli oli sono uguali e hanno lo stesso valore calorico (900 kcal per 100 g), ma l’extravergine è migliore al gusto.



Prodotti Tipici

Pane toscano DOP: pane completamente privo di sale a lievitazione naturale, dalla crosta sottile e croccante. Viene prodotto in Toscana fin dall’antichità, come testimoniano gli scritti di Tito Livio.
Rientra nella preparazione di molti piatti tipici come Panzanella e Ribollita e accompagna egregiamente i salumi toscani. E’ tutelato dal Consorzio di Promozione e Tutela del Pane Toscano a Lievitazione Naturale.
Ciaccia di Pasqua: è un pane speziato tipico delle province di Siena e Grosseto. Come dice il nome, viene cucinato soprattutto nel periodo di Pasqua.
La pagnotta è rotondeggiante e la consistenza più solida di quella del pane. Viene cotta in forno e poi unta esternamente con grasso di suino fuso.
Pici (o pinci): è una pasta fatta a mano tipica delle province di Grosseto e Siena che si ottiene lavorando farina, acqua e sale fino ad ottenere lunghi spaghetti, perfetti se conditi con l’agliona, un sugo al pomodoro ricco d’aglio.





Insaccati, salumi e selvaggina

Soppressata: è un insaccato di carne suina costituito da frammenti grossolani. Nei salumifici toscani se ne producono circa 5000 quintali all’anno.

Salame di cinghiale: viene prodotto nel Chianti senesi e, in particolare, a Castelnuovo Berardenga. Si ricava da carne magra di cinghiale macinata con grasso di pancetta di suino, condita e insaccata.

Salsiccia di cinghiale: si ottiene macellando insieme carne di cinghiale e di maiale con aggiunta di sale, pepe e peperoncino. Viene prodotta in tutta la provincia di Siena e di Grosseto.

Salsiccia di cinghiale sott’olio: viene prodotta nella Maremma grossetana. Si tratta di una salsiccia stagionata dal gusto caratteristico, molto saporito: una volta lavata e fatta asciugare, la salsiccia viene messa in vasetti di vetro con olio di girasole, pepe e foglie di alloro.

Finocchiona o Finocchiata (o capocollo senese): è un prodotto antico, inventato quando le spezie erano molto pregiate e il pepe raro e costoso. I contadini impararono allora ad usare semi di finocchio al posto del pepe.
Nasce così la finocchiona e la finocchiata (o capocollo). La finocchiona è un salume di forma cilindrica come il salame, dall’intenso sapore di finocchio.
Ogni anno ne vengono prodotti in tutta la Toscana circa 7000 quintali. La produzione migliore nel Chianti fiorentino.

Salame Chiantigiano: viene prodotto nella provincia di Siena e commercializzato da un unico produttore per cui la sua diffusione è soprattutto locale. Il sapore forte e il profumo intenso ne fanno comunque un ottimo prodotto artigianale.

Lardo di Colonnata: il nome deriva dal paese dove viene prodotto, Colonnata, in provincia di Massa Carrara, dove costituiva il principale alimento dei lavoratori nelle cave di marmo.
Il lardo di Colonnata è conosciuto in tutto il mondo ed ha origini antichissime. Attualmente in fase di riscoperta e rivalutazione, deriva dallo strato grasso della schiena del maiale e il segreto della sua prelibatezza sta nel metodo di stagionatura.
Immerso in grandi vasche marmoree, il lardo è aromatizzato con sale marino, pepe, chiodi di garofano, coriandolo e messo a stagionare per un periodo minimo di 6 mesi.

Salame di cinta senese: tipico della provincia di Siena, ha colore rosso scuro e profumo intenso. Si ottiene da macinatura di carne magra di suini di razza pura Cinta senese con grasso a cubetti, sale, pepe, vino, aglio e zucchero.
Viene prodotto da macellai e norcini della provincia di Siena, soprattutto a Castellina in Chianti, Poggibonsi e Gaiole in Chianti.

Prosciutto di cinghiale: si ottiene da sgrassatura, condimento e stagionatura di cosci di cinghiale. Viene prodotto in tutto il Chianti, in particolare a San Gimignano (Siena).

Spalla Chiantigiana: è un salume rosato ottenuto da carne di maiale macellata tra i 12 e i 15 mesi. Viene prodotto soprattutto nella provincia di Siena ma trova diffusione in tutta la Toscana. La tecnica con cui si produce è ancora quella tradizionale.

Zampone Chiantigiano: è un insaccato che si ottiene dalla macellazione di carne di suino, che viene poi insaccata nella pelle della zampa. Vi rientrano cotenne, testa e grasso del maiale.
Viene prodotto nella provincia di Siena da novembre a gennaio. Si trova in vendita presso un’unica azienda senese, per cui la sua diffusione è piuttosto limitata.

Tonno del Chianti: si ottiene facendo bollire pezzi di carne suina nel vino bianco, procedimento che viene fatto solo a luglio. Una volta cotto, viene messo in vasetti sott’olio.
Ha profumo e sapore di tonno. E’ tipico del Chianti soprattutto del territorio in provincia di Firenze.

Prosciutto toscano D.O.P.: si ottiene dalla lavorazione di cosce di suino fresche presso prosciuttifici toscani. Il gusto è delicato e aromatico.
Quello vero deve avere il marchio a fuoco del Consorzio, raffigurante la regione Toscana.

Prosciutto di cinta senese: un prosciutto di colore rosso vivo e bassa percentuale di grasso bianco e compatto. La sua particolarità è la provenienza esclusiva da suini di pura razza “cinta senese” macellati tra i 12 e i 15 mesi. Viene prodotto in tutta la provincia di Siena.

Buristo (o Burischio o Mallegato): si ottiene per cottura e macinatura della testa e delle cotenne del maiale, a cui vengono aggiunti lardelli di grasso soffritti e sangue di maiale filtrato. Il tutto viene condito e insaccato nello stomaco del suino per poi essere cotto e consumato subito dopo. Rinomato quello di Greve in Chianti e Impruneta.

Filetto di cinghiale: è un salume tipico del Chianti, prodotto in particolare nel comune di Castelnuovo Berardenga. Viene messo sotto sale e aromi per 10 giorni prima di essere messo a stagionare.

Guanciale: è tipico della provincia di Siena, ma viene prodotto in tutta la Toscana da settembre a giugno. Si ricava dalle guance del maiale, salate, pepate e stagionate.

Mezzone: è un salume prodotto soprattutto con carne di maiale, a cui viene aggiunta carne di bovino in percentuali variabili, spezie, sale e pepe. Si produce tutto l’anno a Greve in Chianti (Fi) e con alcune varianti in tutta la Toscana.

Fagiano: diffuso in tutta la campagna toscana, è una preda ambita per i cacciatori per la bontà della sua carne, soprattutto della femmina, più morbida e dolce. Si trova un po’ in tutta la Toscana, in particolare in provincia di Firenze, dove viene cucinato “alla fiorentina” con fette di pancetta e prosciutto o tartufato secondo una ricetta del 1400.


Carne

Bistecca alla fiorentina: è il simbolo della gastronomia toscana. Si ottiene dal Manzo Vitellone di Pura Razza Chianina dagli allevamenti della Val di Chiana, tra Arezzo e Siena. Il taglio deve essere quello della lombata e comprende l’osso che separa la carne di filetto e controfiletto.

Trippa e Lampredotto: vengono prodotti nella provincia di Firenzeutilizzando parti dello stomaco bovino. Carne salata (o Carne del bigoncio) consiste in grossi pezzi di carne (proveniente dalla parte inferiore del prosciutto) conservata sotto vetro in salamoia naturale e fatta stagionare almeno 15 giorni. Si produce in provincia di Lucca.

Lombo senese (o lonzino o arista stagionata): carne dissalata, condita e stagionata. Viene prodotto nei salumifici e nelle norcinerie di Siena.


Funghi e tartufo

Funghi porcini toscani: appartengono al genere Boletus, crescono spontanei nei boschi toscani. Possono essere consumati freschi, essiccati o sott’olio.

Tartufo bianco della Toscana: pregiatissimo, è di colore chiaro ed emana un profumo forte. E’ diffuso in gran parte della Toscana, dove la raccolta è consentita solo dal 10 settembre al 31 dicembre. Si consuma fresco, non è adatto alla cottura.

Tartufo nero pregiato della Toscana: ha colore scuro e un odore delicato. Si raccoglie per lo più nelle province di Arezzo, Siena e Firenze dal 15 novembre al 15 marzo.


Formaggi

Pecorino Toscano D.O.P.: questo formaggio è fatto con latte intero di pecora. Prevede un periodo di stagionatura che può essere di 20 giorni o 4 mesi a seconda che si voglia ottenere, rispettivamente, pecorino a pasta tenera o semidura.
Si produce in tutta la Toscana e in alcuni comuni umbri e laziali. E’ fragrante e saporito ma non piccante. Quello vero deve recare l’etichetta del Consorzio di tutela.

Pecorino senese: Bianco e compatto, viene prodotto con latte di pecora. Il sapore è dolce e leggermente piccante. Viene prodotto in tutta la provincia di Siena e la Valdelsa senese da novembre a giugno.

Raviggiolo: si ottiene dalla lavorazione di latte intero di pecora. E’ un formaggio non stagionato e tendenzialmente dolce.

Marzolino del Chianti: è ottenuto da latte intero di pecora. Deve essere stagionato per un periodo variabile da 30 a 180 giorni.
Fragrante e saporito, tende al piccante con la stagionatura. Viene prodotto nella zona tra Firenze e Siena da novembre a giugno.

Caciotta senese: prodotta in provincia di Siena con latte pastorizzato di mucca e pecora ha sapore delicato e consistenza morbida.


Dolci

Africani: biscotti tipici del Chianti e del Mugello, preparati con uova e zucchero.

Berinquocoli: dolcetti tipici di Siena fatti con le mandorle tostate, noce moscata, cannella e coriandolo.

Castagnaccio toscano o Migliaccio: tipico dolce fatto con la farina di castagne, che viene prodotto soprattutto d’inverno. Lo trovate in vendita nei forni e nelle pasticcerie di tutta la Toscana.

Croccolato di Siena: un dolce al sapore di mandorle e cioccolato fondente tipico di Siena.

Panforte di Siena: è un dolce compatto bianco o nero a seconda che sia cosparso di zucchero o cacao. Sa di spezie e frutta candita. E’ un dolce tipico della provincia di Siena e viene prodotto anche a Grosseto.

Ricciarelli di Siena (o marzapanetti alla senese o morselletti): dolcetti di forma allungata al sapore di pasta di mandorle, di colore bianco e consistenza morbida e spugnosa. Oltre a Siena si trovano anche a Grosseto e Pisa.

Schiacciata alla fiorentina: un dolce tipico di Firenze dal caratteristico colore giallo per la presenza di zafferano nell’impasto. E’ un dolce molto antico, si trova a Firenze soprattutto per Carnevale.

Rivolto: è un dolce leggero che assomiglia alle crepes e può essere farcito con marmellate, cioccolato aromatizzato e creme. Viene fatto nel territorio senese.


Liquori e Grappe

Alkermes: la ricetta originale appartiene all’Officina erboristica di Santa Maria Novella a Firenze. E’ un liquore dolce e speziato, viene usato per la preparazione di molti dolci e della mortadella di Prato.

Grappa di Chianti Classico: si ottiene dall’uva usata per produrre il vino Chianti Classico.